Letture parallele

Avendo molto tempo a disposizione, e soprattutto avendo come lettura di base un libro di circa quattromila pagine, non posso aspettare di finirne uno per iniziarne un altro. Così mentre continuo a piccole dosi quella lettura impegnativa inizio e finisco molti altri libri (quasi sempre romanzi). Una delle ultime letture parallele è in realtà una rilettura. Trent’anni dopo averlo letto per la prima volta ho ripreso a leggere Se una notte d’inverno un viaggiatore, di Italo Calvino.
Mi ha divertito scoprire che non sono il solo a preferire le letture parallele:

“Parecchi volumi sono sparsi in giro, alcuni lasciati aperti, altri con segnalibri improvvisati o angoli di pagine piegati. Si vede che hai l’abitudine di leggere più libri contemporaneamente, che scegli letture diverse per le diverse ore del giorno, per i vari angoli delle tua pur ristretta abitazione: ci sono libri destinati al tavolino da notte, quelli che trovano il loro posto accanto alla poltrona, in cucina, nel bagno.
Potrebb’essere un lineamento importante che s’aggiunge al tuo ritratto: la tua mente ha pareti interne che permettono di separare tempi diversi in cui fermarsi o scorrere, concentrarsi alternativamente su canali paralleli. Basterà questo per dire che vorresti vivere più vite contemporaneamente?”

Per citare Calvino oggi sono un Lettore che Rilegge. Con la prima lettura, lo ammetto, non apprezzai questo romanzo quanto meritava, non ne capii la grandezza. Certo, avevo letto meno libri, ero un lettore un po’ primitivo, sicuramente meno saggio. E sì che avevo già compiuto i quarant’anni.
La lettura di questo romanzo è di quelle che accendono l’attenzione e fanno brillare i neuroni. Avevo iniziato a prendere nota delle frasi che avrebbero meritato una citazione, poi ho smesso perché ne segnavo in continuazione, erano troppe. Insomma se c’è un romanzo che narra il rapporto tra lettore e testo, tra scrittore e testo, tra lettore e scrittore, beh questo testo è Se una notte d’inverno un viaggiatore.
La scrittura di Calvino affascina perché è leggera, di quella leggerezza che lui stesso ha descritto nelle Lezioni americane, una scrittura difficilissima e bellissima.

Ecco come ne parla nella prima delle lezioni che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard se non fosse morto prima della partenza per gli Stati Uniti:
“Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.”

Di Calvino mi fa piacere ricordare anche la raccolta Fiabe italiane. Ero un maestro elementare e, seguendo le raccomandazioni di Bettelheim, ai miei alunni di prima elementare leggevo delle storie ad alta voce. A loro piaceva moltissimo (“maestro ancora, ancora…”), piaceva molto anche a me. Per quelle letture avevo scelto Rodari e Calvino. Di quest’ultimo proponevo, ogni giorno, una delle fiabe presenti nella sua raccolta. Quello che allora potei osservare, con mia meraviglia, fu che i bambini preferivano di gran lunga le fiabe italiane riscritte da Calvino. Ricordo ancora i loro visi con gli occhi spalancati e le bocche aperte mentre leggevo Il drago dalle sette teste. Come ben sa chiunque abbia avuto a che fare con loro, da genitore o da insegnante, i bambini amano la ripetizione. Non so quante volte lessi loro Il drago dalle sette teste. Da allora sono passati più di quarant’anni, oggi spero che quei bambini, oggi cinquantenni, leggano con la stessa passione, raccogliendo la stessa stupefatta attenzione dai loro figli e, per molti di loro, dai loro nipoti.

Dal 1975 al 2020, prima come maestro elementare poi come professore universitario, ho praticato, studiato e insegnato la pedagogia, la docimologia, le tecnologie didattiche. Da pensionato leggo, scrivo, cammino, viaggio e sto lontano dai cantieri.

Luciano Cecconi

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