
Non si può rimanere in silenzio.
Il 7 ottobre 2023 un gruppo di miliziani di Hamas assalta un festival musicale in Israele massacrando con una violenza inaudita circa 1200 civili e prendendone in ostaggio 250. Dal giorno successivo Israele reagisce all’azione di Hamas bombardando la striscia di Gaza (circa 600.000 abitanti) con l’intento dichiarato di eliminare Hamas e di ottenere la liberazione degli ostaggi. L’azione militare di Israele è ancora in corso, i palestinesi uccisi durante questa azione sono circa 36.000, in gran parte donne e bambini (fonte ONU).
Ho riportato i numeri delle vittime senza alcun intento comparativo, solo per amore dei fatti. Non ho neanche intenzione di ricostruire la lunga storia di quella disgraziata area geografica e dei popoli che la abitano. Rimane un fatto: dal 7 ottobre 2023 siamo posti davanti a un massacro quotidiano. I protagonisti/vittime di questo massacro non sono soltanto i palestinesi e gli israeliani (chiara la responsabilità di Hamas per il massacro del 7 ottobre, altrettanto chiara la responsabilità di Netanyahu per il massacro successivo).
Responsabili sono anche le grandi potenze che nel 1947 hanno deciso il destino di questa area (Piano di partizione della Palestina approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che prevedeva la nascita di due Stati, uno arabo e uno ebraico). Questo significa che non possiamo assistere a questo massacro quotidiano che ormai coinvolge soprattutto civili, donne e bambini, pensando che sia un affare locale che non ci riguarda direttamente. No, quello a cui assistiamo ogni giorno è un massacro di cui è responsabile anche la comunità internazionale, quindi in piccola parte anche noi stessi.
È per questo motivo che scrivo queste parole in un sito personale in cui mi occupo prevalentemente dei libri che leggo. Anch’io mi sento responsabile e sento che non posso rimanere in silenzio.
Soprattutto trovo inaccettabili due cose:
a) l’evidente squilibrio dell’informazione, almeno quella italiana che conosco meglio, su quanto sta accadendo nella striscia di Gaza e
b) il fatto che sia tacciato di antisemitismo chiunque accusi l’attuale governo israeliano di aver messo in atto una reazione spropositata e criminale.
Non sono al riparo dalle accuse di antisemitismo neanche l’ONU e la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja che hanno condannato sia Hamas sia Netanyahu. Sappiamo che ci sono molti israeliani che protestano e criticano aspramente il loro governo per la politica messa in atto dopo il massacro del 7 ottobre. Anche loro sono antisemiti?
In molti siamo consapevoli che sul tavolo della politica internazionale ci sono numerosi conflitti che si tengono in equilibrio, penso soprattutto alla guerra in Ucraina, e che le grandi potenze stiano “giocando” una colossale quanto terribile partita di Risiko. Tuttavia, pur consapevoli di questa complessità non possiamo rimanere inerti davanti a ciò che sta accadendo nella striscia di Gaza.
Molto tempo fa l’opinione pubblica era più reattiva, si scendeva in piazza, si facevano sit-in, ci si incatenava davanti alle ambasciate. Oggi sembriamo tutti anestetizzati o, peggio ancora, abituati ai massacri, alle guerre, alla violenza.
Ecco, così non va bene. Cessate il fuoco subito.
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