Cento città (1)

Via Tuscolana

Quando torno a Roma si può dire che torni a casa, nel senso più stretto della parola. Mio fratello mi ospita nella casa in cui abbiamo abitato con i nostri genitori, che ora è diventata sua. Per la precisione io dormo nella stanza che per anni abbiamo condiviso da ragazzi e che poi, quando siamo andati per la nostra strada, è diventata la stanza di mio padre. Per essere ancora più preciso quando torno dormo nel letto che è stato di mio padre. Questo intendevo quando dicevo che torno a casa. Una volta lasciata quella dei miei genitori di case ne ho cambiate molte, in alcuni casi per poco tempo in altri per periodi più lunghi. Undici case, compresa quella in cui vivo ora. Di traslochi ne ho fatti qualcuno in più. Come ha sostenuto l’Associazione Americana degli Psicologi il trasloco è una delle maggiori cause di stress nella vita delle persone. Io porto le cicatrici di questo stress come metafora della mia vita affettiva. Il terz’ultimo trasloco, a cinquantasette anni, mi ha portato lontano da Roma. Da allora torno a Roma ogni tanto. Dal 2014 al 2019 sono tornato con regolarità, per assistere mia madre colpita da un ictus. Da quando lei se ne è andata torno più raramente, anche una sola volta l’anno.
Questo fine settimana sono tornato a Roma perché ho voluto confrontarmi con il mio medico personale, che mi segue da quarant’anni e che ormai è diventato un amico. Almeno una volta l’anno ci vediamo per un aggiornamento sulla mia salute e, inevitabilmente, sulla mia vita. L’ho incontrato sabato mattina a Monteverde, nel suo studio.

 

Uno scorcio di Monteverde

In realtà c’era anche un altro motivo per tornare, il 21 giugno era l’onomastico di mio fratello e il 24 il suo compleanno. Così venerdì sera abbiamo festeggiato sia l’uno che l’altro. In auto abbiamo attraversato Roma, dal quartiere Aurelio fino a quella città nella città che è cresciuta intorno alla via Tuscolana, da Porta Furba a Cinecittà. Abbiamo raggiunto sua figlia e il suo compagno, nell’area con la più alta densità abitativa di Roma. Il municipio a cui appartiene è l’unico, tra i tredici in cui è diviso il comune di Roma, che supera i 300.000 abitanti. Palazzi enormi di 7-8 piani, attaccati uno all’altro, che sfilano per chilometri, simili alle pareti di un gran canyon. Dalla via Tuscolana partono come rami strade intorno alle quali si sono formati quartieri come il Quadraro, Centocelle, Don Bosco, Cinecittà. Dal punto di vista estetico non è il meglio che si può trovare a Roma, decisamente, tuttavia in questi quartieri si respira un’aria speciale, quella della moltitudine accogliente, dove trovi tutto quello che ti serve dietro l’angolo, anche prima. Dove il brulicare delle persone ti fa sentire parte della folla.
Arrivarci dall’Aurelio è come cambiare città, non solo per la distanza e il tempo necessario per arrivarci, se non prendi la metro, ma anche perché ciò che si vede, soprattutto strade e palazzi, fanno pensare a città diverse. Perfino la lingua, il dialetto, è diverso. Sulla rete c’è un video molto divertente nel quale una ragazza intrattiene i suoi amici al bar con i diversi romaneschi parlati nei quartieri romani. E’ proprio così, si capisce dove vive un romano sentendolo parlare. Un romano di Vigna Clara ha “una parlata” diversa da un romano di Primavalle o di San Basilio. Senza contare le differenze dovute alla città o alla regione di provenienza, nel caso dei romani nati altrove.
Chi è avanti con l’età per tenersi aggiornato sulle novità, sui locali di tendenza, fa affidamento su figli e nipoti. Mio fratello ed io riceviamo “le dritte” da sua figlia, mia nipote. Anche questa volta non ci ha delusi, ci ha portati a cena in un’osteria nei pressi di Torpignattara. Era gestita da un gruppo di ragazzi che, come da tradizione, parlava un romanesco disinvolto, un po’ crudo e sbrigativo ma confidenziale. Il nostro tavolo era all’esterno, su una piattaforma di legno che occupava il marciapiede. Una serata estiva di quelle che rimarresti a mangiare, bere e chiacchiarare fino a tardi. Abbiamo mangiato molto bene. Non abbiamo fatto molto tardi, l’età lascia il segno e appesantisce la palpebra…
Abbiamo passato la sera tra il Quadraro e Torpignattara, la mattina dopo ci aggiravamo tra Monteverde e Villa Pamphili. Due città, due mondi (continua).

Casale e Torre del Quadraro

Dal 1975 al 2020, prima come maestro elementare poi come professore universitario, ho praticato, studiato e insegnato la pedagogia, la docimologia, le tecnologie didattiche. Da pensionato leggo, scrivo, cammino, viaggio e sto lontano dai cantieri.

Luciano Cecconi

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