Che ber pastiche!

Da pensionato ho letto molti romanzi polizieschi: Simenon, Connelly, Auster, Ellroy, Montalban, Camilleri, Manzini, Markaris. Nell’ultimo anno ho divorato tutte le serie scritte da Maurizio De Giovanni. Così, dopo commissari e detective di mezzo mondo, per rendere giustizia alla storia della letteratura italiana, mi è sembrato inevitabile tornare al commissario Ingravallo, don Ciccio.
Ieri mattina ho terminato la rilettura del Pasticciaccio di Gadda, iniziata diversi mesi fa. Una lettura che ricordo d’aver fatto durante il liceo o subito dopo. Avevamo una professoressa di Lettere che amava Calvino e Gadda e ce li faceva leggere. A ben vedere due autori molto diversi tra loro, soprattutto nel modo in cui hanno usato l’italiano. Comunque, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana cinquant’anni dopo è stata per me una lettura molto impegnativa. Non ricordavo che lo fosse e sono rimasto sorpreso. Ho impiegato molto tempo per portarla a termine, infatti da quando l’ho iniziata avrò letto in parallelo, grazie a MLOL (Media Library On Line), almeno una decina di altri romanzi (tra i critici di Gadda c’è chi sostiene che quelli di Gadda non siano romanzi).

Ieri, 21 maggio, finita la lettura der Pasticciaccio, mi sono accorto che Gadda è morto proprio il 21 maggio del 1973. Così ieri ricorreva il cinquantaduesimo anniversario della sua morte. Che combinazione!

Per quanto faticosa è stata però una lettura affascinante. Gadda maneggia l’italiano come pochi altri, passa con disinvoltura dalla lingua standard a quella aulica, dal romanesco al napoletano, dal veneziano al molisano. Lo fa come se non ci fosse un confine preciso tra questi registri e dialetti diversi. In una stessa frase usa senza soluzione di continuità la forma aulica, quella standard e quella dialettale, inserendo spesso termini tecnici provenienti da diversi contesti, in alcuni casi inserisce anche parole o modi di dire francesi o latini. Insomma, un vero e proprio pastiche linguistico. Gadda, inoltre, si dimostra un abilissimo creatore di neologismi che sforna in continuazione. A proposito del multilinguismo di Gadda in un suo recente saggio Nagwa Kassem analizza in dettaglio le componenti lessicali presenti in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. I neologismi individuati dalla studiosa egiziana sono moltissimi e di varia natura. Dai suffissati (bersaglierata, benemeritardo, topaziesco, patateria ecc.) ai prefissati (increduto, devestizione, tripotente ecc.), dai parasintetici (accileccare, disillibarsi, dekirkegaardizzare, infiascabile ecc.) ai composti (domicilioaggredito, slogamascelle, cancherologia ecc.). Per la ricchissima casistica raccolta da Kassem rimando al suo saggio.
Mi ha colpito, infine, come un milanese di nascita e di formazione (anche se poi ha vissuto gli ultimi venti anni a Roma) conoscesse così a fondo il romanesco, le sue parole e le sue frasi, infatti, sono ineccepibili. 

La storia si sviluppa a Roma e nei dintorni (Marino, Velletri etc) e il romanesco la fa da padrone, ma a parlarlo, questa è la particolarità, non sono solo i personaggi ma anche il narratore. 

“Gente che venneveno la porchetta su le bancarelle de piazza, quela mattina, ce n’era na tribbù. Da San Giuseppe in poi è la staggione sua, se po dì. Col timo e co li fiocchetti de rosmarino, e l’agli nun ne parlamo, e il contorno o il ripieno de patate co l’erbetta pesta.“

Il cambiamento di tono dell’indagato Lanciani Ascanio, strillone e venditore di porchetta al mercato di Piazza Vittorio, quando capisce che gli agenti sono ormai intorno alla sua bancarella e lui non ha più via di scampo, è descritto con un efficacissimo misto di italiano aulico e di romanesco:

“Sicché quello, er maschietto, a poco a poco, ‘signori signori, uno e novanta l’etto, sì la porca la porca, sì, sì, ho capito!’ pareva dire a se stesso, ma abbassava la voce sempre de più, ‘a por-ca,’ sillabò esangue, ‘a por…’ e quel po’ di fiato gli smoriva nella gola: come la luce sempre più querula e falba di un moccolaccio quanno che sbava cera e se strugge tutto, in un lago de puzza, co un codino fritto ner mezzo.”

Il multilinguismo e la creatività di Gadda mi hanno portato alla mente due altri autori molto amati: Beppe Fenoglio e Andrea Camilleri. Il primo con l’uso pervasivo dell’inglese intrecciato all’italiano (Il partigiano Johnny) il secondo con l’uso costante del dialetto siciliano, in parte da lui inventato, insieme (insemmula) all’italiano.

Come è giusto che sia l’opera di Gadda è oggetto di molti studi in Italia e all’estero. Ad avecce voja e tempo, quindi, co tutta quaa robba ce sarebbe ‘n sacco da legge.

Dal 1975 al 2020, prima come maestro elementare poi come professore universitario, ho praticato, studiato e insegnato la pedagogia, la docimologia, le tecnologie didattiche. Da pensionato leggo, scrivo, cammino, viaggio e sto lontano dai cantieri.

Luciano Cecconi

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